segunda-feira, 18 de março de 2013

*. Ivano Fossati .* (Reissue)

Album: Il grande mare che avremmo traversato (1973)(Reissue 1989)
Genre: Prog Rock (Folk/Jazz/Pop)  /  Italy

Nel 1973 uscì un album altisonante sia per la produzione che per il titolo: “Il grande mare che avremmo traversato”. Inciso negli studi Fonit di Milano e diretto da Romano Farinotti, l’LP vantava di una sezione d’archi di ben 18 elementi, un ottetto di fiati, un coro, due coriste di prestigio quali Wanda Radicchi e Paola Orlandi e nientemeno che un monolite del jazz italiano: il compianto contrabbassista Marco Ratti. La copertina apribile sfoggiava uno splendido collage grafico a tinte crepuscolari, opera dell’artista Gigi Mario e all'ascolto, il disco rivelava immediatamente una grande e rinnovata voglia di jazz e una neanche troppo sottile vena di esotismo e malinconia che accompagnerà l'artista ancora per lungo tempo. Il connubio tra musica e testi che avrebbe reso Fossati uno dei più raffinati autori del panorama italiano è ancora incerto. I dieci brani sembrano infatti più dei ritratti di luoghi, persone e sentimenti, piuttosto che delle canzoni organiche vere e proprie ma, pur se acerba, la capacità di assemblaggio dialettico del compositore è già fuori discussione. La stessa proverbiale sensibilità introspettiva dell'autore è ancora allo stato primigenio, nel senso che non si incontrano ancora quelle disarticolazioni lirico-musicali che lo connoteranno dal ’77 in poi. In ogni caso, è chiaro che siamo al cospetto di un musicista che farà molta strada. E di gran qualità. Il jazz affiora invece dappertutto. Lo si incontra allo stato quasi puro in “Jangada” (al punto da non poter notare una notevole somiglianza con “Gula Matari” di Quincy Jones), contaminato con i ritmi nordestini del Brasile in “Da Recife a Fortaleza” e in generale, in tutto l’impianto armonico delle canzoni. Sicuramente ci sono ancora delle ingenuità legate al un passato beat-pop (“Riflessioni in un giorno di luce nera”), ai pruriti freak dei Delirium (“Vento Caldo”) o alla necessità di produrre ad ogni costo una forma-canzone (“All’ultimo amico”), ma nell’insieme “Il grande mare...” era indiscutibilmente un lavoro ben coeso, spesso stuggente e autoralmente ben solido. Probabilmente l’ultimo che risentirà ancora del passato. Già da successivo “Poco prima dell’aurora” infatti, emergerà una vena compositiva molto più autoctona e sin già dalla parentesi “americana” di “Indiana Goodbye” (contenente le splendide “I treni fantasma” e “Storie per farmi amare”), Fossati avrebbe definitivamente preso la sua strada migliore. Pur se realmente poco progressivo, “Il grande mare che avremmo traversato” è un disco da ascoltare con attenzione sia per rendersi pienamente conto dei motivi del distacco dai Delirium, sia da coloro che, come me, ritengono questo artista una delle più grandi figure della musica d'autore contemporanea. Recensioni di "JOHNNY69" (Rate Your Music).

RATING:  7.75 / 10

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