Sono passati otto anni da quando negli scaffali dei negozi arrivarono il cd e il vinile di uno strano personaggio: si chiamava Juri Camisasca, l’album “Il carmelo di Echt” e i colleghi con qualche capello bianco frenarono subito lo scetticismo dei più giovani raccontando una storia: quello lì, quel Camisasca, era stato un cantante pop, negli anni ’70 (per quello che poteva significare essere pop negli anni ’70, anni in cui erano pop la PFM, gli Area). Poi, all’improvviso aveva sentito il bisogno di scomparire nella quiete di un monastero benedettino, dove, presi gli ordini, soggiornò non esattamente per un fine settimana, ma per 11 anni. Il disco che si trovavano di fronte era il suo ritorno al mondo e alla musica, che aveva abbandonato tanto a lungo. Un mormorio di stupore si impadronì dei giovani cronisti, che si misero allora ad ascoltare quell’album con uno spirito diverso, e alcuni di loro lo trovarono anche molto bello e prezioso. Sono passati otto anni. Dopo “Il carmelo di Echt” Juri Camisasca ha fatto altre cose, ha continuato a coltivare la propria solitudine e ricerca spirituale vivendo in una sorta di semieremitaggio volontario in Sicilia. Ha continuato a scrivere canzoni, però, e di diverso tipo: quelle che appartengono a questo album possono essere considerate di matrice mista, capaci cioè di unire il suo immaginario spirituale a melodie e arrangiamenti più canonicamente pop-rock. Se la struttura dei pezzi vive egregiamente di questa duplice natura, non altrettanto però può dirsi per quello che riguarda la qualità complessiva del lavoro, che appare a tratti un po’ troppo dispersiva. Accanto a brani senza dubbio riusciti come “L’evidenza di un amore”, “Tocchi terra tocchi Dio”, “Sant’Agostino”, “Polvere e diamanti” troviamo cose più leggere e interlocutorie come “Zodiaco” e “Vegetarian song”, o brani meno efficaci dal punto di vista musicale come “Ecce panis” e “Erranti stelle”. Prodotto da Franco Battiato, suonato dai Bluvertigo, il disco possiede un discreto suono d’insieme e la voce di Camisasca sa convincere ed evocare. Forse un po’ più di sforzo per garantire uniformità artistica ai picchi di questo disco non avrebbe guastato. Ciò non toglie, comunque, che si tratti di un album molto interessante e unico per la qualità delle emozioni che suscita. Bisognerà aspettare altri otto anni per il seguito? Speriamo di no. Recensioni di "Rockol" (www.rockol.it).
RATING: 7 / 10
Nenhum comentário :
Postar um comentário